20 maggio 2008

Decima sessione di Memorie dal Futuro


Vi propongo il riassunto dell'ultima sessione della campagna di Ale... tanto per darvi un'idea! Novità in vista poi riguardo alla gestione del gruppo... e per questo vi rimando al nostro forum!

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Il tempio sembra molto antico, anche se non siamo in grado di giudicare poiché nessuno di noi sembra provenire da queste terre. I simboli sacri ancora visibili, perlopiù rilievi scolpiti sulle pareti avite, sembrano rimandare a una qualche divinità associata alla caccia. Ironia della sorte: tra le prime creature che abbiamo incontrato qui dentro una famiglia di puma.
Ci facciamo strada per i corridoi antichi e alla fine di un lungo corridoio troviamo una porta che si apre su una grande sala. Non disabitata però. Questa volta veniamo letteralmente assaliti da un manipolo di coboldi, apparentemente organizzati. La lotta è rapida e praticamente indolore per noi: un incantesimo di Ace fa collassare a terra alcuni dei coboldi addormentati. Facciamo un prigioniero, un coboldo di nome Krugot, che non resiste alla paura e alla pressione e si lascia andare ad alcune rivelazioni riguardo al tempio. Ci parla anche della farina, subito scovata da Shak in un sacco, che i coboldi utilizzano per combattere una malattia che si prende nella foresta. Qualcuno ricorda che anche gli orchi avevano parlato di una malattia, trasmessa dalla puntura di un tipo di zanzare presente in questa foresta.
Justin e Rothgar, oltre a fare squadra con le armi, fanno squadra anche nel tentare di cavare altre informazioni dal coboldo, utilizzano qualche trucco per fargli paura e intimidirlo. Il coboldo non comprendere le reale intenzioni dei due uomini d’armi, ossia quella di avere ulteriori informazioni sul luogo per recuperare l’astrha, ma crede vogliano mettere le mani sul “tesoro” della combriccola cobolda. Impauritò, dà subito indicazioni dove trovare il bottino, ossia dietro a una mattonella traballante. Immediatamente recuperato da Shak, il tesoro corrisponde a una pergamena legata da un nastro viola (contiene una serie di incantesimi arcani subito riconosciuti da Ace), oltre a una gruzzolo di monete.
Nel frattempo Adran, che non riesce mai a stare fermo nello stesso troppo a lungo, torna indietro verso l’anticamera con l’intenzione di recuperare il cucciolo di puma che abbiamo lasciato vivo. Il mezzelfo sembra possedere una particolare empatia verso le creature animali e il piccolo puma sembra fidarsi dell’esploratore. Decide di tenerlo con sé, nonostante i pericoli a cui possiamo potenzialmente andare incontro in questo luogo profanato.
I personaggi tornano a riunirsi, con Mua’dib che accetta una pagnotta dei coboldi (fatta con la loro farina “magica”). I personaggi riposano per qualche tempo, discutendo sul da farsi. È evidente che i coboldi non sono in grado, o non vogliono, aiutarli e quindi l’unica arma a loro disposizione per recuperare l’astrha è l’esplorazione, con tutti i pericoli che comporta. Riprendono quindi a vagare per i corridoi, molto più in guardia di prima. Penetrando dentro il complesso sacro, i personaggi notano come le pareti si fanno più decadenti e polverose e come appare assolutamente evidente che nessun coboldo, o altra creatura viva, abbia messo piede qui per molto, molto tempo. Qualcuno di noi nota dei buchi nelle pareti che sembrano però fatti apposta, e non la normale azione del tempo.

Alla fine di un lungo corridoio i personaggi scoprono una strana stanza quadrata con l’angolo nordoccidentale tagliato da una porta di ferro. Sul soffitto ci deve essere una spaccatura perché vediamo la luce del sole che filtra illuminando in maniera irreale questo luogo. A rendere il tutto ancora più sospetto è la presenza nell’aria di un odore dolciastro, indefinito, che i personaggi non riescono a riconoscere. Non appena Shak si muove baldanzosamente nella staza, diretta alla porta, una creatura che sembra un ragno cade dal soffitto e le piomba addosso. I personaggi entrano subito in azione ma, no! Non si tratta di un ragno, ma di una qualche creatura non morta, uno zombi avvolto in liane o piante o comunque dei filamenti verdi. Adran reagisce subito facendo un salto spettacolare nella stanza con l’evidente intento di portarsi al centro della stanza, alle spalle della creatura. Ma cade rovinosamente mentre un secondo zombi cade dal soffitto. Il combattimento che ne segue è molto più difficile del precedente contro i coboldi: Kallah e Justin sembrano avere qualche difficoltà, forse data la natura non morta delle creature mentre Rothgar cerca di contenere la loro avanzata. Shak compie uno spettacolare attacco alle spalle di uno di questi mostri mentre Adran, evidentemente desideroso di rifarsi della rocambolesca caduta di prima, elimina l’altro mostro.
Gli eroi si riposano. Justin appare spaventato: studia le creature con qualche linea di preoccupazione sul volto e lui e la sacerdotessa della Madre Terra si guardano perplessi, brevemente discutendo a bassa voce sulla natura di queste creature. Che un tempo fossero orchi appare evidentemente a entrambi. Ma cosa possono essere? Non morti? O forse queste rampicanti che avvolgono i loro corpi possono essere le responsabili di una tale aberrazione e quindi la natura delle creature non è non morta? Che comunque questo tempio dovesse essere di una divinità legata alla natura appare evidente quando Rothgar scopre un rilievo sulla sommità della porta, nascosto dalla polvere, che rimanda al motivo dell’aquila.
Spostandosi sulla parete a est, Shak apre l’altra porta presente nella stanza che dà su un lungo corridoio… pieno di rampicanti. Rampicanti, fiori e ancora rampicanti… zombi avvolti da liane verdi e fiori gialli che escono dai loro occhi. Shak rabbrividisce e dietro di lei Justin lancia uno sguardo di intesa a Kallah.
La ladra magica non sembra soddisfatta delle scoperte fino a ora e con aria curiosa si sposta alla porta di ferro. Cerca di aprirla ma non appena pone le mani sulla maniglia sussulta e collassa per terra. Justin la solleva immediatamente da terra e le fa bere una pozione dal liquido azzurro. La mano della donna è bruciata, la pelle sembra consumata come da un fuoco anche se di fiamme non ce ne sono state nella stanza e dalla porta non è fuoriuscita nessuna fiammata.
Ma dietro di noi, dal corridoio della porta a est, giungono rumori di qualcosa che sta strisciando… ed ecco un orco come quelli non morti di prima fare la sua comparsa, subito fermato da Adran. La porta viene immediatamente rinchiusa. Altra momento per riflettere: gli orchi hanno cercato di esplorare il tempio evidentemente in passato. Se il loro capo ci ha mandato qui per recuperare un astrha, è possibile che si tratti di un’astrha antica e quindi non una potenzialmente appartenente a uno di noi. Oppure ci ha mandato a morte certa, non essendo questi orchi mai tornati dalla spedizione. Ma mentre i personaggi discutono di tutto ciò, Shak, ripresa dall’episodio e sempre curiosa, annuncia di aver scovato dei fili di rame sulla porta che rendono possibile la scottatura. Li neutralizza e apre finalmente la porta.
Questa stanza ha un’aria maledetta. Più di ogni altra qui dentro. Sembra una sorta di camera da letto e di preghiera, con libri e scaffali e un letto. Ma non appena Mua’dib mette un piede al suo interno, una luce evanescente si forma sopra la scrivania, quasi come se uscisse da essa. Lentamente si forma l’immagine di un volto antico, un volto senza tempo e senza sentimenti. La voce che poi parla sembra venire da questa luce ed è tagliente come la punta di mille coltelli: “Andate via!”.
I personaggi indietreggiano. È evidente che qui c’è un male antico, potente e soprattutto vendicativo. Non possiamo sapere quale mistero si aggiri per queste stanze, quale dolore e quali eventi di morte e distruzione sono stati perpetrati qui. Il dubbio, l’incertezza e forse anche la risposta emotiva a tutto questo male si legge sul volto degli eroi che decidono di tornare indietro per riposarsi. Sono esausti, Shak è ferita e non hanno più protezioni magiche. Il riposo nella tana dei coboldi si fa poco efficace, soprattutto in virtù della preoccupazione di come risolvere la situazione. Le creaturine sono intanto fuggite, evidentemente spaventate dalla presenza degli eroi, non senza lasciare un tentativo di trappola incompiuto dietro di sé. Justin aveva percepito che, nonostante la loro apparente collaborazione, covavano dentro di loro egoismo e malvagità.
Dopo qualche ora di sonno inquieto, i personaggi decidono di tornare all’anticamera e cominciare a esplorare da lì. Trovano una stanza diroccata le cui pareti sono in parte collassate, casa di un manipolo di piccole creature alate. Uccelli. Pipistrelli. No, uccelli stigei.

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