03 settembre 2009

Dollhouse…


OK, che Joss Whedon fosse un genio lo sospettavo da tempo. Non parlo di genio "genio" nel senso di genio che scopre il vaccino contro l'HIV o annulla i tumori… quelli sono geni e allo stesso tempo eroi. Whedon è un genio dell'intrattenimento, un vero erede degli aedi dell'antichità, un novello Omero insomma. Che non canta chiedendo aiuto alla diva ma che fruga nella tradizione della narrativa americana utilizzando mezzi moderni: fumetti, serie televisive, giochi per computer. E poi, per sua stessa ammissione, Whedon è un giocatore di D&D!

Buffy l'Ammazzavampiri, Angel, Firefly e il film Serenity… insomma, quale "geek" amante del gdr non conosce Joss? E chi non ricorda Faith, la cacciatrice ribelle di Buffy, che fino alla fine cerca, per la verità senza riuscirci molto, di togliere alla bella Buffy la corona di reginetta della serie TV! Ebbene, Eliza Dushku, l'attrice che ha interpretato Faith, è anche la nuova protagonista di Dollhouse, la nuova serie televisiva partorita dalla mente di Joss Whedon.

Dollhouse sarebbe in realtà il nome informale di una sorta di società di servizi (come mi sarà uscita questa??? Come la tizia che parla di "regolarità" in un famoso spot TV e sappiamo tutti dove va a parare però per non dire-le-cose-come-stanno deve dire regolarità… mah) che dietro un lauto compenso presta un proprio membro per ogni tipo di necessità, dall'accompagnatore/trice (restiamo in un dignitoso silenzio qui) per personaggi famosi a veri e propri combattenti. La cosa affascinante è che questi "attivi" (il nome dei membri della Dollhouse, chiamati anche "doll") non sono di fatto persone realmente esistenti: ogni volta tramite un futuristico macchinario il genietto Topher ripulisce la loro mente e li trasforma tutte le volte in una persona nuova. Ogni puntata quindi vediamo gli attivi assumere personalità diverse e interagire in maniera diversa. Se non che… e qui arriva ovviamente il conflitto, altrimenti perché dovremmo mai guardare Dollhouse? La gente lascerebbe perdere, metterebbe l'ennesimo quiz di Mike. E invece no! Perché dovete sapere che la bella Echo nel mentre delle sue missioni, uh, padon, "incarichi" come li definisce la signora DeWitt (la direttrice della Dollhouse) si accorge… eheheeh. Di cosa si accorge? Ma guardatevi gli episodi va…

Bello, bello e bello. Intrattenitivo, anche se non come ai tempi d'oro di Buffy che faceva anche un sacco ridere, la dialettica essere o non essere si butta in primo piano, segno che Whedon vuole adesso lavorare su un altro livello, più astratto forse rispetto a Buffy. Ogni puntata va giù che è un piacere e fa venir voglia di sapere "come va a finire". Insomma, "accattevillo" come diceva un'attrice italiana di fama internazionale (a mio avviso del tutto gratuita, essendo la signora potentemente espressiva quanto la Gegia nazionalpopolare) e perdetevi in questa serie futuristica ma forse non troppo…

Nota da DM. Non è quello che facciamo sempre? Assumere in continuazione personalità diverse. Anche i giocatori, coi loro personaggi ovviamente. Ma per il master è più dura: sempre diverso e sempre uguale. Interessante. Non sarebbe male farci una riflessione sopra.

07 agosto 2009

Plague of Spells di Bruce R. Cordell - recensione


Copertina di Plague of Spells
Ed ecco la prima recensione di questo blog. Lo ammetto, molto molto molto poco attivo. Di chi è la colpa? Beh, ovviamente la mia. Una mia frase topica, da quando ho cominciato a lavorare un po' più "seriamente" è "non ci sono scusanti!". Per cosa poi… comunque, per non tediarvi oltre. Parliamo di Plague of Spells, romanzo di Bruce R. Cordell, appartenente alla serie "Abolethic Sovereignty". Casa editrice Wizards of the Coast, anno di pubblicazione 2008, prezzo $ 6.99 (circa € 4.90). Non ancora tradotto in italiano.

OK, dati tecnici esauriti. Passiamo al libro. Come diceva il mio professore di letteratura italiana del liceo, sentiamolo: "Un libro non si giudica mai dalla copertina! L'unica cosa importante è il frontespizio!" (tutto questo per insegnare a me e ai miei compagni cosa fosse un frontespizio), ecco, io invece mi soffermerei sulla copertina di Plague of Spells. Il fanciullo che si piazza immediatamente di fronte a noi altri non è che Raidon Kane, uno dei protagonisti della storia, nel momento in cui la Peste Magica (spero sia questa la traduzione utilizzata per "spellplague") lo travolge e lo imprigiona in un dolmen di cristallo da cui uscirà solo molti e molti anni dopo. Con una sorpresa. Il carattere utilizzato per il titolo rimanda a qualcosa di folle, incerto, distruttivo. Non c'è che dire, complimenti all'artista. Con lo sfondo nero e la scelta di colori freddi il potenziale lettore non può che indovinare la probabile trama "oscura" del romanzo. Se vale il detto: "Italiani, brava gente", credo che si possa applicare con qualche modifica anche agli illustratori della WotC: "Illustratori della WotC, brava gente". Decisamente sanno il fatto loro. Ma si sa, gli Americani sanno fare marketing, anche per i libri!

Bene, passiamo al contenuto. Plague of Spells è un romanzo "cuscinetto", ossia non solo racconta una storia ma ha un suo perché ben preciso: raccontare al lettore (che in genere è anche un giocatore di Dungeons & Dragons) quello che è accaduto nei cento anni trascorsi fra la terza e la quarta edizione di Forgotten Realms – Ambientazione (detti anche Reami Perduti). Ossia, sono trascorsi cento anni nella nuova edizione di D&D e per raccontare quello che è successo, oltre a qualche paginetta sul manuale relativo, si è scelto di utilizzare la linea narrativa. E in effetti Cordell ce lo racconta proprio dall'inizio: il romanzo si apre con la distruzione provocata dalla Peste Magica e si sofferma su tutti i cambiamenti provocati da essa: Raidon si sveglia nel futuro dotato di nuovi poteri (causati dall'essere stato esposto alle energie magiche provocate dalla morte della dea della magia Mystra, vero motivo per cui la Trama magica è collassata e quindi della Peste Magica) e sua figlia è morta; uno studente a Candlekeep ne approfitta del caos per leggere testi vietati nella biblioteca di questa famosa cittadella del sapere per finire a stringere un patto col Signore dei Pipistrelli, entità demoniaca che lo rende un warlock (ossia uno stregone, ma nell'edizione italiana del gioco si è scelto di mantenere il termine anglosassone); una giovane maga, Seren, perde tutti i siuoi poteri ma ne impara col tempo di nuovi, mentre un'altra maga, incontrata da Kane più avanti nel romanzo, li perde per sempre. E poi abbiamo una eladrin, nuova razza elfica introdotta nella nuova edizione del gioco. Insomma, il romanzo descrive bene i cambiamenti, o meglio le conseguenze di questi cambiamenti in tutti gli aspetti più cari ai giocatori (nuove razze, nuove classi, nuovi poteri).

La struttura del romanzo rispecchia la narrativa "in voga" per la serializzazione: più storie che si intrecciano, cambiamenti di luogo frequenti, dialoghi leggeri ma in qualche caso "pesanti". È come un vento che sospinge sempre avanti, una focalizzazione continua su quello che sta per accadere. Interessante perché la raison d'être del romanzo sembra essere un'altra, ossia raccontare il passato ai lettori "fedeli" che seguono le storie ambientate nei Reami Perduti da decenni. Il Dramatis Personae alla fine di questo primo episodio, che rimanda ai titoli di cosa di un prodotto televisivo, invece di chiarire al lettore profano elementi dell'ambientazione (come accade nella serie "La ruota del tempo" di Robert Jordan, in cui per ogni libro pubblicato cambia il glossario, a riflettere la supposta conoscenza maggiore) rimane appunto un elenco dei protagonisti principali della serie.

Se Plague of Spells riesce a catturare l'interesse del lettore per via di questi "effetti speciali", sicuramente meno potente è la sua carica narrativa: sebbene qualche personaggio nasconda dei conflitti interessanti (da Kane ad Anusha e soprattutto il warlock Japheth, che fa uso di droghe), l'andamento del testo risulta in qualche modo debole, privo di forte vitalità. È come guardare una serie di dipinti ben assortiti ma senza che in essi venga percepita una scintilla. Ripeto, credo che Cordell abbia fatto un ottimo lavoro sul piano del racconto degli avvenimenti, ma non nel renderci partecipi ad essi. Troppi sono ancor ai cliché che abbondano in questa storia, la caratterizzazione di alcuni personaggi minori è debole: la nobile eladrin è altera presuntuosa, il capitano Thoster è un furbetto ma che sa il fatto suo, e gli avventurieri che si muovono insieme a Kane all'interno della zona di Peste Magica sono poco più che pennellate di contorno. Più interessante è Nogah, la sfortunata scopritrice dell'artefatto, una kuo-toa che Cordell sembra apprezzare perché a lei vengono riservate due o tre pennellate, e andiamo avanti con la metafora pittorica, più intense (gli occhi acquosi, l'atteggiamento prima e dopo la scoperta dell'artefatto).

La lettura di questo romanzo riesce veloce e senza scossoni. Particolarmente indicato per chi ama D&D e le sue varie ambientazioni, consiglio di leggerlo come se si trattasse di una stagione di una serie televisiva, con l'ottica di un seguito a breve (e infatti il mese prossimo esce City of Torment). Credo che Cordell abbia davanti a sé una lunga strada ma che non gli manchino né le risorse né la volontà per percorrerla. Sono molto curioso di leggere il seguito di questo romanzo, soprattutto per vedere se l'autore si è deciso verso una strada meno "serializzata", come pare di capire da suoi messaggi e post sparsi per la rete.

Una nota di contorno: come da costume, il primo capitolo è disponibile gratuitamente in formato PDF sul sito della casa editrice mentre Cordell ha registrato la lettura del capitolo 7 come podcast. "I libri si leggono, non si ascoltano", dicevano le nostre nonne. Bella scemenza. I libri si ascoltano eccome: gli audiolibri sono un'invenzione, a mio avviso, geniale e soprattutto antica come la letteratura. E la lettura ad alta voce di Cordell non è niente male! Non hai mai pensato di farlo seriamente, Bruce? J


Quindi, pacca sulla spalla caro Bruce a avanti tutta!